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Mototour Sarteano-Bretagna, 19-30 Luglio 2001

Bè, che dire, bellissimo. Dodici giorni tiratissimi, stancanti... stravissuti. Due valichi alpini (Moncenisio e Monginevro), il Massiccio Centrale, fiumi, foreste, coste, fari, città, castelli e tanta... tanta strada (4600 chilometri ).

Dopo un mese circa di scrupolosi preparativi (manutenzione moto "fai da te", itinerari stradali, consultazioni dettagliatissime delle cartine e della superguida verde Michelin) era giunto finalmente il momento: la mia Pegaso... più che un cavallo alato sembrava un mulo... era pronta a puntino: 128 litri di carico distribuiti in tre valigioni con l'aggiunta di due materassini e della superprofessional "UAM" (la nuovissima Unità Abitativa Mobile di Ale)... gli unici dubbi riguardavano la gomma posteriore, già reduce dal tour in Provenza dell'anno precedente.
La Kawa GPZ di Ale, con bauletto posteriore e borsa serbatoio divisa in due trance per ottimizzare la visibilità della strumentazione, era pronta a compiere il grande il passo... il superamento dei 50.000 Km che conferisce alla moto l'appellativo di "gloriosa".
La sera prima di partire, tirate le catene, fatto il pieno e mangiata velocemente una pizza decidemmo di andare a letto presto perché la partenza era fissata per le cinque e mezzo della mattina. Dopo circa due ore di "ma il livello dell'olio sarà giusto?, la gomma ce la farà?, e il motore?, e il tempo?"... etcetera etcetera riuscii a prendere sonno.

Studiando la mappa Studiando la mappa Studiando la mappa Studiando la mappa Guida verde Michelin La Pegaso è un mulo La tenda di Ale La Gpz 500 di Ale

Giovedì 19 Luglio (primo giorno)

La mattina, doccia veloce alle cinque, caffè, sigaretta (aspettando che la temperatura del motore salisse), faro acceso... in sella (freddo cane alle cinque!!!). Appuntamento al Consorzio di Sarteano... il mio orologio (montato appositamente sul manubrio) mi dice che sono un po' in ritardo... incontro Costa in piazza (!?!) che mi fa gli auguri e scorgo il cupolino di Ale che mi stava per venire incontro:
- Mmmm... scusa il ritardo... si va?
- Vai!

Autostrada, passo regolare sui 120 km/h a 4500 giri per il mio Rotax e a 6000 per il bicilindrico nipponico... (si... esageriamo...). Certosa, imbocco Fi Pi Li e prima sosta dopo circa 200 km ad un'area Agip. Panino alla rucola, sorsata d'acqua, sigaretta, reciproco sguardo compiaciuto per il perfetto inizio del viaggio... via. Livorno, Pisa e imbocco dell'A12 per Genova. Sosta per fare benzina: cazzo!!! il mio "mulo" succhia circa cinquemila lire di più della GPZ ogni pieno... vabè, se mi porta "su" lo perdono. Passata Genova, il sole che ci aveva fin lì accompagnati lascia spazio ad un nuvolone basso e nero... il pensiero va subito al tour dell'anno passato (quattro giorni su sette di pioggia ininterrotta). Fortunatamente riusciamo ad arrivare alle pianure sconfinate di Alessandria asciutti e a proseguire per Asti e verso la "succhiasoldi" tangenziale di Torino dove ad Ale si slaccia una metà della borsa serbatoio a 120 all'ora che però viene subito riancorata. Dopo più di 600 Km e un più che considerevole mal di fondoschiena ecco l'uscita Susa. Secondo pieno della giornata (di super) e sosta per il primo dei tanti pranzi al sacco. Dopo un'aggiunta di qualche imbottitura siamo pronti per i 2100 metri del passo del Moncenisio.
Iniziamo l'ascesa e incontriamo i primi motociclisti... quelli veri, quelli che salutano; l'aria si fa sempre più fresca fino a diventare decisamente fredda. Pausa per qualche foto a metà salita e poi eccoci alla frontiera italo-francese che attraversiamo senza neanche fermarci. Di fronte al bellissimo lago sul passo avevamo provvisoriamente dimenticato i duri chilometri di autostrada della mattina... Non ci fermiamo molto perché è freddo e soprattutto perché la Bretagna è lontana... solo il tempo di fotografare i 20.000 Km della mia Pegaso, non ancora gloriosa (ma sulla buona strada).
Bè, i paesini del lato francese del Moncenisio sono veramente curati... si nota una certa differenza rispetto a quelli italiani. Le strade scorrono veloci, grazie alle fittissime rotatorie, tanto da convincerci a non abbandonarle per le autostrade. Ci fermiamo ad Aoste dove non resistiamo alla tentazione di una pasta francese al limone. Nel mangiarla osserviamo alcuni tratti culturali caratteristici della popolazione francese che ci avrebbero accompagnato per tutto il viaggio (stereo a palla, marmitte dei motorini modificate, sgommate... una grande Terni insomma... ;-) ).
Sono le otto di sera... tradotto in ore in sella fanno circa quattordici... le indicazioni però ci dicono che Lyon è vicina e raggiungerla ormai ha il sapore di una sfida; ma, ad una trentina di chilometri dalla meta, inizia a piovere e decidiamo che può bastare. Terzo pieno della giornata con la verde 95 ottani da meno di 7 franchi al litro (anche 6,20 ai supermercati) e via, alla ricerca di un bancomat per vedere se le travel money funzionano... fortunatamente sì. Ale, mentre ritiro i soldi, si fa spiegare la strada per un motel e, viste le nostre condizioni, il nostro primo interlocutore francese decide di scortarci in auto a destinazione... il primo dei circa 5000 merci è per questo buon samaritano che ci lascia davanti a un motel da 185 franchi a notte... troppo caro, così continuiamo per un altro chilometro fino all'immancabile, bruttissimo ma economicissimo Formula 1 da 140 franchi a stanza più 22 per la colazione... o, pardon petit déjeuner. Codice numerico per la stanza e per il cancello... portiamo dentro le valige, leghiamo le moto, facciamo un velocissimo doccino, mangiamo qualche fetta di melone comprato il pomeriggio, aggiorniamo il diario di bordo e, finalmente, appoggiamo le nostre schiene da 870 chilometri sul materasso... pseudomaterasso.

Ale alle pendici del Moncenisio Francesco sul Moncenisio I 20000 km della Pegaso Visa Travel Money Scontrino del Formula 1

Venerdì 20 Luglio (secondo giorno)

Sveglia alle otto; un po' di rintronamento per i chilometri del giorno prima; sospiro di sollievo... le moto ci sono. Organizziamo velocemente i bagagli, divoriamo una mezza baguette a testa con burro e marmellata, un bel toast, un caffeone francese e un paio di bicchieri di jus d'orange e siamo pronti per partire.
Le moto sono bagnate... hanno passato una brutta nottata... il tempo non è dei migliori ma fortunatamente non piove (anche se il temporale ci sta alle calcagna).
Arriviamo a Lyon... spunta un po' di sole, quel tanto che ci permette di dare un'occhiata alla città. Dopo aver attraversato il Rodano e la Saona nel centro della città saliamo su una collina per vedere Lyon dall'alto e per visitare una chiesa. Un paio di foto e via perché il nuvolone si sta riavvicinando. Passiamo senza fermarci Roanne e ci dirigiamo verso il centro della Francia, Moulins, cittadina carinissima gemellata, per altro, con Montepulciano. Ci fermiamo in un caffè nella piazza principale dove circa sei anni prima bevevamo monaco con Peppe, Beppe, lo Strigio, lo Storto ecc... brivido.
Pausa al mercato coperto a comprare del formaggio di mucca e di capra con un po' di muffa (la cena). Poi nella cattedrale gotica della piazza incontriamo una stracredente che si raccomanda di pregare per lei e tutti i suoi parenti una volta raggiunto Le Mont Saint Michel. Dopo aver assistito ad uno spettacolo percussivo, decidiamo di continuare verso Bourges e poi per Vierzon. Proseguendo verso Tours vediamo, lungo le rive del fiume Cher, una sorta di "accampamento". Andiamo a vedere se possiamo dormire lì. Non riusciamo a capire lo status degli... occupanti: campeggiatori? gurdulù? zingari? Sono un po' strani... vestiti male ma con macchinoni, i bambini scracchiano come lama. Andiamo a fare conoscenza e ci offrono da bere... menomale.
La notte assistiamo ad una discreta rissa fra giovani... vabè, ormai la tenda è piantata, speriamo bene... La sera usciamo in moto per dare un'occhiata ma non ci sono cittadine nei dintorni, solo paesini semideserti con campeggi da 7 franchi a notte... averlo saputo prima!!! Rientriamo all'accampamento e dopo i circa 600 chilometri divorati, collaudiamo per la prima volta la "UAM".

Lione Caffè di Moulin Scontrino del cacio di Moulin Cattedrale di Moulin Artisti di strada Accampamento

Sabato 21 Luglio (terzo giorno)

Sveglia alle sette: bel collaudo; la tenda montata sulla riva della Cher era completamente fradicia all'esterno ma asciutta all'interno. Mentre l'accampamento dorme io e Ale smontiamo la tenda, la facciamo asciugare e la rimettiamo nel suo sacchetto (operazione che ogni giorno veniva ottimizzata). Le moto, per la seconda notte consecutiva, sono fradice... che uggia!!
Accendiamo i motori, li facciamo scaldare, quotidiana ingrassata alla catena e via, alla ricerca di un barrettino per la petit déjeuner. Lo troviamo poco prima di Tours; il menù mattutino non cambia e neanche il prezzo: 22 F. Passiamo velocemente Tours e ci dirigiamo verso Le Mans dove avviene "il fattaccio": il filo della frizione di Ale ha un brusco cedimento e rimane un solo filamento che regge l'anima coi denti. Decidiamo di prendere l'autostrada fino alla prima cittadina per cambiare il filo; sesta permanente per diversi chilometri fino a Alençon dove, dopo aver divorato un pollo arrosto in due, incontriamo per puro caso la concessionaria Kawasaki: un paradiso agli occhi di Ale. Chiediamo il filo della frizione per la GPZ del '91 e, dopo una veloce consultazione del catalogo, ecco spuntare filo e guaina nuovi di pacca al "modico" prezzo di 160 F. Operazione chirurgica di una trentina di minuti e voilà, la moto è di nuovo apposto.
Inizia a fare caldo, molto caldo, insolito per il clima bretone... vabè, meglio così. Decido di abbandonare la tenuta prettamente motociclistica per passare ai più freschi jeans e al mio paio di nike al posto dei pesanti stivali... ora si che prima no! Iniziamo a sentire odore di oceano... mancano ormai pochi chilometri; ci fermiamo a Domfront, cittadina caratteristica bretone ad un centinaio di chilometri dalla meta, dove assistiamo alla partenza di una guidatrice provetta che riesce a far spengere il motore della macchina una decina di volte prima di partire di fronte agli occhi divertiti di paesani e turisti.
Ripartiamo per l'attacco finale a Le Mont Saint Michel: 120-130... la media oraria sale presi dall'entusiasmo fino a quando ad una cinquantina di chilometri di distanza si intravede all'orizzonte un'ombra austera e affascinante. È quella dell' abbazia fortificata più famosa d'Europa: brivido... decisamente brivido. Seguiamo freneticamente le indicazioni fino ad arrivare ad una ventina di chilometri di distanza in linea d'aria dall'isola-penisola; bellissima, gli occhi incollati su di lei, la velocità progressivamente calata fino a fermarci in una piazzola che ci consente di ammirarla nel suo completo splendore. La famosa marea è provvisoriamente bassa, sono circa le cinque e mezzo del pomeriggio. Decidiamo di farle qualche foto. Parcheggiamo le moto sul ciglio della e strada e prima di scattare la prima foto gli occhi increduli di Ale vedono la sua GPZ schiantarsi a terra a causa di una ventata di un camion... diciamo che quello che Ale ha detto non sono proprio le preghiere che ci aveva chiesto di recitare per lei e per i suoi familiari la donnina di Moulins... La carena ha accusato in due parti: una freccia rientrata e il cupolino incrinato; l'incazzatura è tanta ma ora bisogna continuare; dopo una veloce riparazione con l'ostinato scotch Saratoga ci accingiamo a solcare l'istmo di terra che ci separa dalla nostra ambita meta. C'è una lunga fila di auto che passiamo senza troppi problemi. Al pagamento del biglietto del parcheggio (10 F per le moto) facciamo conoscenza con "il Paduan" e la sua ragazza che ci guidano fino a sotto la fortezza.
Sono quasi le sette, ora dell'arrivo dell'alta marea, e decidiamo di fare un giretto dentro alle mura; ovviamente troviamo vicoli caratteristici ma invasi di turisti di ogni nazionalità che si ingozzano, come del resto noi, di gelati, piatti tipici, pesce, cartoline, fotografie e gadgets di ogni tipo. Vediamo la famosa locanda di Annette Poulard dove ancora si sbattono le uova per la frittata per moltissimo tempo e a ritmo e facciamo un breve giro per le mura esterne finchè un annuncio ripetuto in quattro o cinque lingue ci dice che è l'ora dell'alta marea e che quindi i posteggi vanno liberati (le nostre moto sono, grazie alla spiegazione del Paduan, al sicuro sotto le mura). La marea è impressionante, per lo meno le prime volte che la vedi... a Le Mont Saint Michel avanza a passo d'uomo per circa quindici chilometri e crea un dislivello, nel punto più alto, di circa dodici metri. Scava dei canali profondi e nel giro di un'oretta copre completamente i grandi parcheggi intorno all'abbazia. Gli spazzini tutte le sere lottano contro il tempo e la marea per svuotare di rifiuti la cittadella, producendosi in spettacolari attraversate dei parcheggi allagati con il loro grande camion. Noi stiamo lì, sul muretto insieme ai Paduan a guardare inebetiti l'avanzata del potente oceano accompagnata da un vento salmastro piacevole e rigenerante.
Non ci credo... siamo "alla fine del mondo", come la chiama la mia nonna, e ci siamo a cavallo delle nostre moto; mi sento un re, mi sento libero, mi sento appagato e veramente felice; siamo stanchi sì, ma gratificati dallo spettacolo a cui stiamo assistendo e dall'impresa che è già grande ma che non è nemmeno a metà. Il contachilometri segna 2000, duemila precisi.
Sono le otto e mezzo e il sole è ancora alto; scopriremo che il tramonto lassù avviene circa alle dieci e mezzo. Decidiamo di accamparci e scegliamo il primo campeggio che incontriamo verso l'entroterra: ovviamente Camping "Le Mont Saint Michel" da 82 F a notte (12.000 lire a testa...). Ceniamo con la solita baguette, il cacio di chèvre, e il salamino... nonché una banana e una pesca a testa, doccia, barba e via, con le moto scariche di bagagli verso Le Mont ormai avvolto dalla notte e illuminato a dovere. Entriamo una seconda volta per una visita più approfondita e scopriamo che la sera il biglietto costa di più... sui 50 franchi, sotto ai venticinque anni però 36. Dopo ripide scalinate interminabili entriamo dentro all'abbazia la cui costruzione fu iniziata nell'undicesimo secolo. All'interno è una favola: luci soffuse, musica classico-celtica come sottofondo, bevande aromatizzate offerte. Immensa la ruota per issare provviste e materiali di ogni genere, stupendi il chiostro, il refettorio e la chiesa.
Alla fine della lunghissima gita interna usciamo sulla grandissima e altissima piattaforma ovest dove ci fumiamo una sigaretta di fronte allo sterminato oceano... brivido... ancora brivido. Scendiamo per i giardini dell'abbazia e usciamo per la porte de l'Avencée; dopo un cicchino accendiamo i motori e, allontanandoci, intravediamo per l'ultima volta dagli specchietti la fantastica costruzione, crasi di natura e arte.

Francesco insacca la tenda Francesco ingrassa la moto Ale ripara la Gpz Vista di Domfront Mont Saint Michel Biglietto d'ingresso per la moto Foto di gruppo con il Paduan Vicolo di Mont Saint Michel La marea avanza Il camion della spazzatura Biglietto d'ingresso a Mont Saint Michel La ruota per trasportare le provviste

Domenica 22 Luglio (quarto giorno)

Il tempo scorre veloce, perdiamo il conto dei giorni; le giornate sono bellissime (al contrario di quelle uggiose e piovose trovate dal Paduan). La mattina ci svegliamo un po' più tardi, visto che a Le Mont avevamo fatto le due di notte. Veloce colazione, e partenza per Saint Malo. Seguiamo la costa e viviamo da vicino il fenomeno della marea. Il primo porto che incontriamo è quello di Cancale; è completamente all'asciutto... una distesa di barche adagiate sul letto del mare; lì per lì non ci rendiamo conto che, con l'arrivo dell'alta marea, quelle barche sarebbero ritornate in alto mare... incredibile.
Facciamo due foto su un pontile, ritiriamo 500 F a testa (dopo averne spesi 1.100 e 125.000 lire in Italia) e continuiamo sul litorale fino a trovare il primo delle tante "pointe" spettacolari: Pointe du Grouin. È un caldo anomalo per la zona... meglio così. Continuiamo, raggiungendo Paramè e la parte nuova della città di Saint Malo dove mangiamo le prime vivande tipicamente francesi: omelette con carne di maiale e crêpes alla confettura di albicocca... tutto squisito e anche economico (circa 45 F a testa).
Siamo pronti per visitare St. Malo, la parte antica. Le mura sono bellissime, e avvolgono tutta la cittadella che è su un istmo di terra affacciata sul mare. Leghiamo le moto e i caschi e ci addentriamo... è un caldo bestia ma tira un buon venticello atlantico. Facciamo prima un giro interno fra negozi e ristoranti caratteristici, poi il perimetro delle mura, dove ci fermiamo su un giardino a goderci il meritato riposo fra una foto e l'altra.
Intorno alle sei decidiamodi rimetterci in cammino per avvicinarci al mitico Cap Fréhel. Passiamo su un lungo ponte che collega l'istmo di St. Malo con Dinard, cittadina sul mare con tanto di casino, dove decidiamo di mangiare su una panchina a picco sul mare con vista su St. Malo... come picchi!! Pensavamo di fermarci per dormire ma il sole è ancora alto... continuiamo. Fra costa ed entroterra le indicazioni per Cap Fréhel si fanno sempre più fitte... il sole si sta lentamente avvicinando al mare e sono ancora le dieci... ultimi chilometri prima di trovarsi di fronte al più bello spettacolo di tutto il viaggio: Cap Fréhel al tramonto. Il sole è rossissimo, il cielo ha mille sfumature di giallo, rosso, celeste e viola, l'oceano, con uno scoglio che affiora interrompendo il riflesso del sole, completa il tutto... sono commosso...
Passeggiamo lungo i faraglioni a picco sul mare settanta metri sotto... guardiamo l'immensità dell'oceano in quei giorni calmissimo e respiriamo quella fantastica atmosfera... "ahi quanto mar....". Dopo un'oretta il tramonto è completato... cavolo, è buio e dobbiamo trovare dove dormire; non resistiamo alla tentazione di dormire su quelle scogliere. Così ci mettiamo a cercare un bel posticino che non tardiamo a trovare, a picco sul mare e a poche centinaia di metri dal faro più noto di tutta la Bretagna. Montiamo velocemente la tenda e decidiamo di andare al bar del paese più vicino per farci "la birra del motociclista". Ne beviamo un paio e assaggiamo "le cidrà", un vino zuccherino alla mela tipicamente bretone.
Così, belli caldi, ci accingiamo a passare la notte sull'Atlantico; copriamo le moto con il nostro telo e spegniamo la luce. Dopo un po' arriva una macchina con lo stereo altissimo... Ale chiorba e non so come fa a non svegliarsi... io entro un po' in palla e cerco di sentire se qualcuno si avvicina alle moto e alla tenda... dopo un po' non reggo più e mi addormento. Nel frattempo Ale viene svegliato dal rumore della macchina che va via e mi sveglia con una botta:
- Oh oh c'è un motore in moto!!
E io in coma totale:
- Ci rubbano le moto!?!
Con uno scatto felino esco fuori dalla tenda in pigiama e guardo la macchina andarsene; do una sistematina al telo delle moto e... buonanotte.

Distesa di barche Foto sul porto in secca Pointe du Grouin Le mura di St. Malo Un bimbo a St. Malo Isoletta in mezzo al mare Tramonto a Cap Fréhel Mille sfumature Uno scoglio a Cap Fréhel La costa a Cap Fréhel al tramonto La costa a Cap Fréhel

Lunedì 23 Luglio (quinto giorno)

Sveglia alle nove... panorama stupendo. Cerchiamo di fare chiarezza sull'accaduto nella notte e ci sbuzziamo... Decidiamo di scendere per un ripido sentiero fino al mare dove troviamo un pescatore appollaiato su una penisola rocciosa; sono indeciso se fare il bagno... opto per il no. Facciamo una fatica boia per risalire, prepariamo le moto e via, verso Fort la Latte, piccola cittadella fortificata a pochi chilometri da Cap Fréhel.
Nel programma dovevamo raggiungere la penisola di Crozon, ma il mare lassù è troppo bello così decidiamo di stare un giorno in più. Decidiamo di seguire la stupenda D 786 e relative traversine che ci guiderà per tutta la costa nord oceanica. Ci facciamo tutta la Côte du Goëlo, passando per Paimpol, paesino sul mare carinissimo e arriviamo a Pointe de l'Arcouest, penisola con vista sull'arcipelago dell'Île de Bréhat. Bellissimo: arriviamo con la bassa marea e vediamo un'infinità di isole e le solite barche arenate; con il passare del tempo "mont la marée"; le isole scompaiono e le barche vengono a galla (due furboni rimangono su una penisola che presto diventa isola e sono costretti a inzupparsi mezzi per tornare a riva). Io provo per la prima volta a fare il bagno ma l'acqua è freddissima... arrivo al ginocchio e giro. Cerchiamo campeggio e ne troviamo uno carinissimo e a quattro soldi (35 F a testa); facciamo la solita cenetta a base di formaggi tipici e salumi, una doccia e usciamo per vedere la penisola in notturna. Fa un freddo cane e l'acqua ha coperto proprio tutto, anche il pontile dal quale partono i traghetti per i giri turistici.

Fort la Latte Strada D786 Insenatura Arcipelago Francesco in mezzo al mare (bassa marea) Bassa marea Alta marea Barche a galla Due furboni Tentativo di bagno

Martedì 24 Luglio (sesto giorno)

Alle nove, dopo aver messo un po' in ordine i bagagli, partiamo; è una giornata bellissima e decidiamo di seguire ancora la costa fino al famoso faro del promontorio di Ploumanach. Fantastico, le rocce sono di un rosso fuoco irreale e sono completamente levigate dal mare e dal vento. Mettiamo i piedi a mollo in una delle tante pozze lasciate dall'alta marea sugli scogli e ci addormentiamo un po'. Al risveglio Ale decide di farsi massaggiare i piedi da delle alghe sugli scogli sulle quali però scivola... niente di rotto fortunatamente. Ripartiamo ma è un caldo infernale. Sbagliamo strada e ci troviamo in un paesino dove c'è un laghetto... che bello, e che fresco! Decidiamo di farci una bella dormita in un giardino di un "privé". Dopo un'oretta di schiumata Siamo pronti per affrontare l'Argoat, la parte interna e collinosa della Bretagna.
Passiamo per Morlaix e ci dirigiamo nell'entroterra. Vediamo da lontano una chiesina su un monticello e decidiamo di raggiungerla con la mia moto, ma il sentiero è veramente impraticabile e decidiamo di fumare una sigaretta e di fare qualche foto da metà strada. Attraversando una magnifica foresta demaniale, seguiamo le indicazioni per La Faou e poi per Quimerch, dove la nostra guida ci segnala il miglior panorama di tutta la Bretagna... sì, da lì intravediamo l'oceano e la penisola di Crozon, ma abbiamo assistito a decine di vedute migliori. Intraprendiamo qualche strada a caso nel tentativo di trovare questo decantato panorama ma troviamo solo tre cani lupo ingrifati con il padrone che guida un mezzo da bosco dalle proporzioni gigantesche e che non sembra felicissimo di vederci nei suoi territori... meglio proseguire per Crozon va!
Attraversiamo un lungo ponte a Terenez e dopo pochi chilometri raggiungiamo stremati Crozon. Ci prendiamo pochi minuti di pausa e continuiamo verso Camaret sur mer, un paesino caratteristico sul mare, con il suo porto con tanto di relitto e situato al centro della penisola. Cerchiamo subito da dormire. Troviamo l'immancabile campeggio municipale e, quasi indignati, ce ne andiamo in quanto la doccia va pagata a parte... ma che sistemi!!! Andiamo a mangiare e, facendo due calcoli, ci rendiamo conto che, doccia compresa, saremmo andati a spendere otto mila lire a testa... diciamo che è proprio il caso di restare... Entriamo per la seconda volta in campeggio e piantiamo la tenda, questa volta per due giorni, in modo da visitare con calma tutta la penisola. Facciamo la famosa doccia e andiamo (udite udite!!) a piedi al porto di Camaret. Come al solito la sera fa un freddo cane e decidiamo di farci un Rum per riscaldarci... funziona.

Panni stesi Ploumanach Ploumanach Un fresco laghetto Paesaggio dell'Argoat Paesaggio dell'Argoat Moto in mezzo alla foresta Relitto nel porto

Mercoledì 25 Luglio (settimo giorno)

Sveglia alle 9:30. Andiamo al bar/alimentari a fare il petit déjeuner con caffè, succo d'arancia e due pain au chocolat... (buonissimo), e poi partiamo all'esplorazione dell'isola e di tutte le sue Pointe. Partiamo da Pointe de Penhir, la più famosa e più bella anche. Ci sono scogliere a picco sul mare alte settanta metri e tre scogli a fila sul mare altrettanto alti. Vengo colto da due imprevisti: uno di carattere tecnico (esaurite le pile al litio della mia Nikon) e l'altro di carattere fisiologico (...).
Decido di andare a porre rimedio ai due problemi e ci diamo appuntamento al porto di Camaret. Corro prima in campeggio e poi al porto a comprare le pile (100 F... "ti venisse un colpo", l'equivalente di quattro notti in campeggio... certo che sono strani 'sti francesi...). Ci ritroviamo con Ale e, dopo due foto al relitto di Camaret e dopo aver ritirato 500 F a testa, riprendiamo il viaggio verso pointe de Toulinguet, bella ma non come la precedente. Facciamo pranzo su un tavolo vicino alla spiaggia e poi schiumiamo un paio di orette sull'oceano... che bello, finalmente una giornata quasi riposante. Decido che è il momento di fare il bagno anche se l'acqua è marmita... infatti io faccio un veloce tuffettino e poi esco, mentre ad Ale neanche gli sfiora l'idea.
Proseguiamo verso pointe des Espagnols, la punta più a nord, da dove si vede il porto militare di Brest... niente di che. Torniamo a Crozon per andare prima a Morgat, carina ma un po' troppo turistica, e poi a Dinan, paesino famoso per le sue casette in pietra veramente carine. Siamo stanchissimi anche oggi che doveva essere un giorno di riposo... ci meritiamo una bella cenetta come Cristo comanda: stasera ristorante!! Dopo una doccia (a pagamento) scendiamo al porto e scegliamo uno dei tanti ristorantini. Ci sediamo e ordiniamo il piatto forte; le moules (cozze) in brodo di cipolla con patatine. La porzione è abbondantissima e servita in una scodella di vetro caratteristica. Le patatine fritte sono... patatine fritte e il vino bianco è buono. I nostri stomaci, anche se incredibilmente sazi dopo le sole cozze, ci richiedono una mezza pizza; buona, anche se si sente che non siamo proprio a Napoli. Usciamo dopo aver pagato il conto (180 F) e ci fermiamo sul molo a guardare i grossi pesci che ci sono da quelle parti. Dopo il detto della serata (quando il corpo inforna el culo rende, 'ncolpo ale medicine e chi le vende) siamo pronti per andare a letto.

Pointe de Penhir Pointe de Toul Porto di Brest Dinan

Giovedì 26 Luglio (ottavo giorno)

Delusi perché non ci hanno assegnato il "premio tenda", facciamo le valige e lasciamo il campeggio municipale di Camaret non senza aver trangugiato la solita colazione. Destinazione sono i due famosi promontori bretoni: du Van e du Raz. Salutiamo la penisola del Crozon e arriviamo in breve a Douarnenez, con il solito porticino caratteristico dove facciamo un paio di foto. Arriviamo, dopo un lungo viaggio, a Pointe du Van, dove ci prendiamo la quotidiana ustionata osservando le bellezze delle coste oceaniche con tanto di chiesetta su un faraglione a picco sul mare. Continuiamo per Pointe du Raz, il più noto dei due, dove c'è una calca di turisti che vengono indirizzati al posteggio a pagamento; da solite tigne, decidiamo di farci cinquecento metri a piedi e di parcheggiare in un piazzale di un ristorante... chiaro no?! Prendiamo l'autobus gratuito che ci accompagna proprio di fronte al famoso faro che è situato su una delle molte isolette di fronte al promontorio. Ci sono, nella baia dei Trapassati, delle correnti fortissime... che nessuno - dice la guida - ha mai attraversato senza qualche timore...
Compriamo la "convenientissima" offerta "30 F" una mezza baguette, una boisson e frites... (bella sola) andiamo a consumarcela nel parcheggio del ristorante dove abbiamo le moto... veramente i peggio. Ma non è finita qui: dopo il pasto entriamo nel ristorante che fa anche da bar e ordinando due caffè Ale, con molta disinvoltura, chiede alla proprietaria se può buttargli la busta con i resti del nostro pranzo... apposto. La donnina gli indica il cestino un po' indignata e ci serve i caffè. Vabè, è il momento di levare le tende: destinazione Quimper, anche se il Paduan ci aveva detto:
- Ma... niente di che... 'sti paesi son tutti uguali
Arriviamo verso le quattro; la capitale della ex Cornovaglia è (Paduan permettendo) carinissima: cattedrale, case in legno rifinite benissimo, ben cinque spettacoli intorno alla chiesa, concerti con strumenti celtici con tanto di pianobarista che insegna i balli tipici del luogo. Facciamo un giro e arriviamo al mercato coperto del paese dove compriamo del prosciutto arrosto tipicamente affettato spessissimo e un buonissimo formaggio di capra, nonché una buona dose di frutta. Ritiriamo 500 F e imbocchiamo la superstrada N165 (praticamente un'autostrada gratuita) in direzione Nantes. La destinazione è Carnac, sede degli antichissimi allineamenti di pietre risalenti al 3800 a.C. Sono delle lunghissime file di menhir (più di un chilometro) disposte in ordine di altezza da Est verso Ovest e sono considerate la prima opera architettonica dell'Europa occidentale. Veramente affascinanti... 'sti sassoni.
Ci viene fame... o meglio, vediamo una crêperie e ci viene fame. Prima di metterci a sedere scatto una foto a due bambini fantastici che sono a mangiare nel tavolo vicino. Noi ci eravamo seduti per una semplice crêpes, ma l'aria del posto assomiglia sempre più ad un ristorante dove si mangia come si deve. Ordiniamo una crêpe a testa e non prendiamo niente da bere... la cameriera tenta di tutto per farci prendere qualcos'altro ma non c'è niente da fare... da bere è in moto... Ripartiamo; destinazione questa volta è la penisola di Quiberon, un lembo di terra strettissimo che si insinua nell'Atlantico dove tira un vento che sradica letteralmente gli alberi. Siamo stanchissimi e la strada, che sulla carta sembra corta, non finisce mai. Alla fine arriviamo a Quiberon, sperando di goderci una bellissima vista sulla Belle Île... non è così, l'isola è troppo lontana e non si riesce a vedere. Anche il paese è deludente, ci sono orde di turisti, le coste non sono belle e ci sono brutte facce in giro. Cerchiamo da dormire e troviamo il più brutto e caro campeggio di tutto il viaggio. Montiamo la tenda e scappiamo verso il paese. Rimini: non ci sono mai stato ma mi dà questa impressione; di buono c'è un gruppettino che fa musica celtica... veramente bravi. Facciamo un paio di telefonate e ci sediamo ad un pub dove c'è il karaoke e delle cornacchie scornacchiate che cantano che ci fanno trangugiare alla svelta una birretta prima di andare a dormire.

Porto di Douarnenez Pointe du Van Chiesetta a strapiombo sul mare Pointe du Raz Case in legno a Quimper Suonatore celtico Sassoni di Carnac Due bambini a Carnac Ale a Quiberon

Venerdì 27 Luglio (nono giorno)

Sveglia alle otto; il tempo è decisamente brutto e facciamo in un lampo a smontare la tenda e a lasciare il pessimo paese con relativo campeggio... non ci fermiamo neanche per la colazione che facciamo, invece, una ventina di chilometri più avanti, ad Auray. Il bar è proprio sulla strada e c'è un cortile che sembra uno di quei boschi nel cartone animato "Ben, signore del male": ci sono decine di sculture fatte con dei tronchi secchi che hanno un sapore veramente tetro. In compenso facciamo una colazione abbondantissima e veramente gustosa. Ripartiamo e prendiamo la superstrada per Nantes... veramente pesante dopo aver assaporato il gusto di guidare lungo le coste. Entriamo nella grande città industriale che non ci affascina più di tanto, anzi, non ci piace proprio; facciamo un breve giretto e poi cerchiamo la strada per Angers che non riusciamo a trovare; così, girellando spaesati intorno ad una rotatoria, ci imbattiamo in un harleysta con la classica pancia appoggiata in cima al serbatoio che ci chiede se abbiamo dei problemi. Noi gli diciamo che stiamo cercando la strada per Angers e lui ci fa segno di seguirlo. Il barbone pancione è veramente simpatico e gentile, come un po' tutti i motociclisti francesi. Così, dopo averlo salutato proseguiamo per Angers ma sbagliando di continuo strada... siamo un po' stanchi e l'afa è terribile nella valle della Loira che ci accingiamo ad attraversare.
Dopo un po' arriviamo ad Angers dove un semaforo ci fa snervare bene bene. Finalmente scatta il verde e possiamo proseguire per il primo dei tanti castelli della famosa valle che però non visitiamo per questioni di soldi e di tempo. L'afa è veramente insopportabile e decidiamo di continuare velocemente; l'unico posto dove si sta decentemente è sulla moto a cento all'ora... Ci avventuriamo per le campagne della Loira un po' a caso, e aggiriamo l'ennesimo temporale fino ad arrivare a Sumur, dove troviamo il castello in restauro. Breve sosta e di nuovo lungo la Loira fino ad Azay le Rideau, un paese carinissimo attraversato da uno dei tanti fiumiciattoli della valle che accerchia l'intero castello. Troviamo un campeggio sullo standard francese (non come quell'obbrobrio della sera prima), facciamo cena in piazzola e decidiamo di non uscire perché il tempo non è dei migliori. Inizia a piovere ma noi siamo riparati nella nostra UAM che, ancora una volta, ci dà prova della sua affidabilità.

Castello di Sumur Castello di Azay-le-Rideau

Sabato 28 Luglio (decimo giorno)

La sveglia è alle otto; il tempo è bruttino e l'afa è veramente stancante. Lasciamo Azay dopo una breve visita al castello e raggiungiamo Blois, dove facciamo pranzo con tanto di dolcione francese (bignè con panna, liquori e non si sa quante altre cose). Ad una ventina di chilometri ci aspetta uno dei castelli più famosi della Loira: Chambord. Troviamo un enorme cancello e un viale lunghissimo (con il limite a trenta chilometri all'ora per il frequente attraversamento di cervi) che spacca in due una foresta bellissima. Alla fine del viale sorge il castello che, questa volta, decidiamo di visitare minuziosamente. Il biglietto costa 50 F (26 quello ridotto), ma ne vale la pena. È diviso in quattro piani raggiungibili da una elegantissima scalinata a chiocciola posta al centro del castello dalla quale, suppone Ale, quando il Re (ubriaco) andava a letto salutava i suoi sudditi con le frasi: "bonanotte sonatori" oppure "bonanotte al secchio". Ci saranno una cinquantina di stanze, tutte immense e sfarzosissime: baldacchini, corone, scettri, un biliardo, quadri ecc. ecc...
Dopo un paio d'ore di visita riprendiamo il cammino e decidiamo di abbandonare la valle della Loira perché veramente insopportabile del punto di vista climatico. Arriviamo a Bourges, dove mi intignisco di vedere la cattedrale che non avevamo visitato all'andata... molto bella, specialmente l'interno, ma niente a che vedere con le bellezze architettoniche della costa nord... sigh... sigh. Il clima torna ad essere vivibile, specialmente intorno a Moulins, dove attraversiamo una foresta demaniale sconfinata... bellissima, se ci fosse stato Fabbiano... Ci fermiamo a mangiare in un tavolino lungo la strada e collaudiamo l'eco della foresta... funziona. Proseguiamo dopo cena per Clermont-Ferrand ma, per la strada, appena usciti dalla foresta, incappiamo in un campeggino veramente carino intorno ad un laghetto. Ci fermiamo, anche perché c'è, nei paraggi, un nuvolone nero. Ci addentriamo alla ricerca di una reception che però non troviamo. Il rumore delle moto suscita l'interesse dei pochi campeggiatori che, a turno, si avvicinano e ci dicono che possiamo piantare la tenda. Noi chiediamo loro dov'è il gestore o il padrone o lo chef... come lo chiamano loro ma loro, ridendo, ci dicono che non c'è, che torna domani, che possiamo stare senza pagare... ma che cazzo di posto è questo??!!.
La situazione è un po' strana ma, senza farci troppi problemi ci accampiamo. Troviamo il tempo di scrivere un po' di cartoline e di fare conoscenza con una comitiva di cinquantenni mezzi avvinazzati, per poi andare a letto... e, come diceva il Re Sole... bonanotte al secchio!!!

Ponte sulla Loira a Blois Castello di Chambord Biglietto d'ingresso Letto a baldacchino Biliardo Cattedrale di Bourges Tavolo nella foresta

Domenica 29 Luglio (undicesimo giorno)

Buongiorno! Finalmente conosciamo lo chef... anzi la chef, la quale, prima di partire ci presenta il conto... 24,40 F... da non credere, 3500 lire a testa. Spediamo le cartoline e ci accingiamo a percorrere i soliti (o quasi) 500 chilometri. Passiamo Clermont-Ferrand e ci dirigiamo verso Grenoble, città bellissima nel centro delle Alpi. Dopo una bella sola rifilataci da un barista continuiamo per Besançon. Si inizia a salire, fa freddo e bisogna vestirci; inizia ad essere tardi e non è proprio il caso di fare il passo, così ci accampiamo in un campeggio ad Allemont, a pochi chilometri dal confine; birretta e a letto.

Accampamento vicino Clermont-Ferrand Il conto della chef

Lunedì 30 Luglio (dodicesimo giorno)

Ci svegliamo alle dieci e un po' infreddoliti. Andiamo a fare una doccia calda per riprenderci e ci accingiamo a fare il passo del Monginevro a 1854 metri, molto bello ma non come quello del Moncenisio: c'è più traffico e un camion ci tiene dietro per un buon quarto d'ora; inoltre fa più caldo e la scelta di mettere stivali e calze di lana si rivela un po' eccessiva... vabè...
Arriviamo al Sestriere e al confine italiano, un trauma per la stradale di Ale, abituata al liscio manto stradale francese... buche, semafori, file... buongiorno Italia, si, siamo di nuovo in patria... Ci fermiamo per pranzare ad una trattoria; è l'una e dieci minuti, chiediamo se possiamo mangiare e l'oste ci risponde:
- Eh... no, è troppo tardi...
Io e Ale rimaniamo un po' di stucco e perplessi ci dirigiamo verso un altro ristorantino... finalmente si mangia, primo e secondo all'italiana!! Poi di nuovo in sella per affrontare il rientro a Sarteano; è stata una giornata veramente lunga: siamo scesi fino a Torino, abbiamo ripreso la succhiasoldi tangenziale e la statale che passa per Asti e Alessandria. A Novi Ligure, dopo una sosta per motivi fisiologici ad una fabbrica di infissi, abbiamo optato per l'autostrada fino a Rapallo dove ci siamo fermati a mangiare la famosa schiaccia ligure consigliata l'anno passato da Fabrizio. Alle otto e mezza abbiamo imboccato di nuovo l'autostrada fino a Pisa per poi prendere la Fi-Pi-LI, anzi, la Li-Pi-Fi...
Eravamo cotti ma di notte si viaggia bene, nonostante le ondate di moscerini spiaccicati sulle tute e sulle visiere. Sulle lunghe e dritte autostrade il tempo non ti passa mai e per ingannarlo inizi a pensare ai bellissimi giorni passati ma anche ai prossimi viaggi... alla prossima moto da comprare... poi ti svegli, di fronte al cartello che ti dice "6 Km Chiusi-Chianciano Terme". Il sogno finisce, ma ti lascia un dolce sapore in bocca che ogni anno ti spinge a rimetterti a tavolino per tracciare nuovi percorsi.

Monginevro