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Maggio 2002; quest'anno la cosa si complica: Alessandro deve finire il servizio civile per poi
dedicarsi alla tesi di laurea, io (Francesco), ho l'ultimo esame da sostenere e poi devo
occuparmi a tempo pieno della tesi. La voglia di rimettersi in moto è tanta ma sappiamo entrambi
che la nostra disponibilità di tempo è veramente limitata. A metà Maggio partiamo per un breve
giretto per le campagne senesi e pisane che risveglia in noi la passione "mototuristica",
tant'è che al ritorno avevamo già pianificato il nostro tour per l'anno 2002. Ale mi fa:
- Che ne diresti di anticipare i tempi e partire a inizio Giugno?
Dopo una breve "paranoia responsabilità" (sai, la tesi, l'esame...) rispondo che un
bel viaggetto in moto sarebbe il giusto premio per la conclusione degli esami prevista per il
5 Giugno. Così il periodo era fissato ma il problema era trovare una destinazione affascinante
per lo meno quanto quella dell'anno scorso (Mont Saint Michel e la Bretagna). La prima proposta
era quella di fare un giro alpino fino a Strasburgo rientrando in Italia per lo Stelvio ma,
la vera meta ambita era la Spagna, un sogno che apparentemente sembrava irrealizzabile visto
il poco tempo disponibile. Tuttavia il 4 Giugno mi arriva una telefonata dal nostro studente
all'estero Fabbianö che reclama la presenza mia e di Ale in territorio ispanico; mi sembra
chiaro a questo punto che non potevamo più opporci al nostro destino: e Spagna sia!
La partenza è ormai fissata per tradizione alle cinque del mattino; il tempo non è dei migliori
ma decidiamo comunque di tentare. Alle cinque e cinque minuti ci incontriamo davanti al
Monte dei Paschi di Sarteano per ritirare un po' di soldi e poi via (stavolta andiamo con
gli €!). Avanti Ale, io dietro, imbocchiamo l'autostrada a Querce al Pino per lasciarla a
Firenze Signa per la FI-PI-LI; quest'anno dobbiamo tenere una media oraria più alta
dell'anno scorso perché la Spagna è lontana... (130/140 Km/h). La prima sosta è ad
un'area di servizio vicino Pisa dove facciamo benzina e mangiamo due panini per poi ripartire
verso Genova. Il viaggio procede veloce, siamo compiaciuti della nostra tenuta fisica e di
quella delle moto anche se, già dalla partenza, noto un lieve innalzamento della temperatura
del motore della mia Pegaso... la cosa è un po' inquietante ma cerco di non pensarci.
La prima grossa smaltita è verso Massa: il tempo peggiora a vista d'occhio e inizia a piovere;
fortunatamente siamo già bardati con giubbotti e pantaloni anti acqua e, arrivati a La
Spezia ricompare il sole che ci accompagnerà per tutta la giornata. Passiamo il confine e
continuiamo in autostrada anche in Francia fino a Frejus per evitare il terribile traffico
della Costa Azzurra; è l'una e usciamo dalla immensa autostrada francese per pranzare e per
iniziare a togliersi di dosso qualche strato delle nostre corazze visto il gran caldo.
Incominciamo a sentire la stanchezza tipica del primo giorno di viaggio insieme al
caratteristico "mal di fondoschiena" che deve essere combattuto assumendo sulla
sella le posizioni più strane. I chilometri percorsi sono circa 600 ma la Spagna è ancora
lontana; imbocchiamo la N7, attraversiamo Aix-en-Provance, Salon e Arles riassaporando il
piacere di guidare per le veloci e sicure strade francesi. Attraversiamo la Camargue dove ci
fermiamo per qualche foto e proseguiamo per Montpellier; inizia a fare tardi e decidiamo di
fermarci a Sète per comprare un po' di frutta in un negozietto sgarrupato; ceniamo e, subito
dopo, ci fermiamo al campeggio Robinson di Marseillan da 14 € dove poter godere del
meritato riposo; il contachilometri segna 990...
Piantiamo la tenda e piazziamo le moto ma il terreno è umido e dopo un po' Ale suscita la mia
attenzione emettendo uno strano suono (tipo UUU) e smanettando verso la mia moto che lentamente,
ma inesorabilmente, si adagia a terra... che uggia!!! La tiriamo su, è un po' sporca, si è
storto un po' il manubrio ma la valigia laterale ha attutito l'urto... menomale... Siamo
veramente sfiniti; io ho anche un po' di febbre che ho cercato di combattere in tutti i modi
già da prima della partenza; oltre a questo il tempo, come da previsione, non promette
bene... che dire, che Dio ce la mandi bona!!
Brutta nottata: tosse, raffreddore e tanta pioggia; poi, quest'anno, non abbiamo optato per
la tenda di Ale (la mitica UAM, unità mobile abitativa) ma per quella mia e della mia Moni
che è più grande ma che di acqua non ne vuol sentir parlare... Alle sei (mentre Ale chiorba) mi
sveglio alla ricerca di una doccia con acqua calda che senz'altro è lì per me... poi verso le
otto si sveglia anche Ale e, anche se piove a brutto male, decidiamo di muoverci. Visiere
appannate e l'acqua che progressivamente si insinua in tutti i buchi delle nostre mute.
Tentiamo di prendere l'autostrada ma la mossa non si rivela vincente; sembra di essere dentro
ad un videogame... Il nostro umore non è certo dei migliori e, verso le undici decidiamo di
fermarci ad un'area di servizio autostradale nei pressi di Narbonne per riprenderci.
La bella notizia è che possiamo assistere alla partita Italia-Croazia; la brutta (oltre al
fatto che troviamo lì due milanesi con consorti noiosissimi) è che l'Italia perde due a uno
dopo essere andata in vantaggio e dopo che l'arbitro ci ha annullato due gol... e che cazzo,
tutte male oggi!! Con l'umore ancora più a terra (si sfiora la depressione) abbandoniamo la
A9 e continuiamo per la statale N9 sotto all'incessante acqua verso Perpignan e verso il
confine Franco - ispanico. Decidiamo di passare i Pirenei più a sud possibile; arriviamo a
Girona ma, visto il cattivo tempo, siamo costretti a proseguire senza neanche darle
un'occhiata. Svoltiamo per la C25 verso Vic e, nei pressi di Manresa, dopo 300 chilometri di
acquazzone, smette di piovere; la stanchezza è tantissima ma la lancetta dell'umore sale
vertiginosamente e iniziamo a sentire odore di Zaragozza (a "soli" 300 chilometri)
dove ci aspettano Fabbianö e la Mire. Ci fermiamo ad un distributore a fare il pieno
(soli 0,70 € al litro!!!!!) e usufruiamo del bagno e del potente asciuga mani per
asciugare di tutto (felpe, stivali, calze, pantaloni...); imbocchiamo la velocissima
"Enne Segunda" con curvoni da 140 all'ora che ci porta a Lleida e verso le
sconfinate pianure prima di Zaragozza dove vediamo i caratteristici e immensi cartelloni a
forma di toro e facciamo conoscenza con il vento di quelle parti che non ci permette
un'andatura superiore ai settanta chilometri all'ora... da non credere!
Sono le nove e siamo veramente a pezzi: chilometri, acqua e vento: un mix distruttivo;
manca una mezz'ora di strada a Zaragozza ma siamo tentati di fermarci a dormire; chiediamo
il prezzo di una stanza ad un motel ma... troppo caro... poi ci fermiamo in un megalocale
dove ci sono delle stanze e Ale, in un caos infernale di voci, rumori e musica chiede
al gestore se è possibile dormire; il gestore dice di sì ma avverte che c'è una festa di
matrimonio e che ci sarà rumore fino a tardi; Ale chiede:
- Più forte di così?
Il gestore risponde:
- Ancora la festa non è cominciata!
Attimo di perplessità. La dura realtà è che sarebbe stato impossibile dormire lì...
A questo punto telefoniamo a Fabbianö e gli chiediamo se ci trova una stanza a Zaragozza;
rimontiamo in sella; destinazione Plaza Aragon; come due zombie entriamo in città e dopo
un po' di informazioni e di infrazioni stradali (attraversamento del ponte del Pilar...)
arriviamo al luogo dell'appuntamento con i nostri due salvatori; mentre prendo il telefono
per contattarli me li vedo spuntare alla mia destra belli e sorridenti; brivido; sono mesi
che non ci vediamo e per Fabbianö siamo le prime due persone di Sarteano (oltre ai suoi
genitori) che vede da cinque mesi. Siamo tutti supercontenti; alla Mire le sono cresciuti i
capelli e sta decisamente bene; Fabbianö, senza i pranzetti di mammà e della Mire, è dimagrito
e sta decisamente bene anche lui... il contrasto fra loro due e noi è netto; loro belli
riposati, vestiti bene e puliti, noi spossati dalla stanchezza, con i capelli schiacciati
dai caschi, sudici e avvolti nelle nostre tute da "omini Michelin". Fortunatamente
guardiamo alla sostanza e non alla forma... Ci hanno già trovato un ostello (Hostal Navarra,
vicinissimo alla piazza del Pilar) e il parcheggio per le moto; sistemiamo i bagagli e i
nostri cavalli e, tutti insieme, andiamo a cenare alla classica ora spagnola: le undici.
La mire, padrona morale di casa, ordina un po' di piatti di varie pietanze ultracondite e
saporite (pollo, pesce, bruschette) e noi, da bravi corponi, ci abbuffiamo; il tutto annaffiato
da un paio di cañe (birre). Che bellezza, stiamo veramente come picchi!! Alla fine della cena
riaffiora la stanchezza e decidiamo di andare a dormire, in modo da svegliarci presto il
giorno dopo per guardare la città e "chelo stambecco" (El Pilar)...
bonanotte sonatori!
Sveglia alle dieci e mezzo; che bello dormire comodi comodi in albergo! Doccia calda, sigaretta,
pagamento della stanza (28 €), e giù in strada ad aspettare i nostri Ciceroni. Appena
arrivano andiamo a fare una bella colazione con cornetto café y leche e
churros (sono delle cose lunghe e fritte che si mangiano a colazione... strani
'sti spagnoli... vabè, anche noi abbiamo i bomboloni...). Usciamo, facciamo due passi per
la città, una breve visita turistica della basilica del Pilar, due foto per immortalare
l'incontro ed è già ora di andare a mangiare... eh sì, oggi una buona "paella"
spagnola non ce la toglie nessuno!! Scegliamo il ristorante tutti felici e ordiniamo; mangiamo la
peggior paella che si possa immaginare, ci incazziamo un po' e, un po' delusi ce ne andiamo
(per la cronaca il ristorante è La Forja in calle (via) Mayor, 43 a Zaragozza; ecco, ora che
lo conoscete evitatelo!). Fa un caldo bestia e andiamo a schiumare un po' lungo l'Ebro,
quattro chiacchere e arrivano presto le cinque; è il momento di salutarci; la Mire deve
ripartire per Barcellona, Fabbianö per Madrid e noi per luoghi da precisare. Ci salutiamo
all'ingresso del parcheggio del Pilar con un grande abbraccione e con un
"a presto"... sigh...
Io e Ale ritiriamo le moto dal parcheggio e continuiamo il nostro tour verso Logroño per
la N232 alla ricerca di un posto dove accamparci "a uffo". Nei dintorni di Calahorra
ci avventuriamo un po' per campi e dopo un'oretta troviamo il posto che fa per noi in una
pineta accanto ad una bellissima vigna. Il free camping è un'esperienza un po' particolare...
forse un po' da incoscienti; all'inizio, quando c'è ancora luce, sembra la cosa
più tranquilla e sicura del mondo, ma poi, al calar della notte, vieni assalito
dalle peggiori paranoie; senti ogni rumore e, nell'impossibilità di guardare
fuori, ti senti impotente e alla mercè di tutti; la nostra filosofia era di
consultarci sui rumori sentiti; se il rumore veniva sentito da uno solo non
costituiva un pericolo, se invece, veniva sentito da entrambi costituiva una
prova e, pertanto, armati di coltelli, uscivamo a dare un'occhiata... Strana
razza il motociclista. Una volta che le paranoie vengono sostituite dal sonno il
gioco è fatto!
Stropicciata agli occhi, smontaggio della tenda e pronti per la partenza; l'itinerario iniziale
prevedeva di puntare direttamente verso Santander ma ci rendiamo conto di essere molto vicini
al complesso montuoso del Picos De Europa... come potercelo far scappare? Dopo circa duecento
chilometri di N232 arriviamo a Soncillo, caratteristico paesino spagnolo dove in giro non si
vede nessuno; pranziamo in una bettola guardando Portogallo - Polonia e ripartiamo costeggiando
tutta l'Embalse (diga) del Ebro (bellissima). Siamo ormai in Cantabria, regione del nord della
Spagna caratterizzata da pascoli di mucche e cavalli verdissimi e immensi... che bello!! Ci
godiamo quei bei paesaggi e scattiamo decine di foto. Incominciamo a vedere le montagne del Picos;
le strade sono piene di curve e tornanti veramente gustosi... peccato che siamo così carichi di
bagagli! Frequenti sono anche gli incontri con mucche all'uscita delle curve... occhio!
Costeggiamo tutta L'Embalse de Camporredondo e quella de Riaño (fantastiche) e poi, verso le
otto, ci fermiamo a goderci il paesaggio sulle montagne e a farci una foto dentro ad un
camioncino abbandonato. Decidiamo che non è il caso di fermarci a dormire sulle
montagne e continuiamo verso l'oceano; inconsapevolmente stavamo andando incontro al tratto
di strada più bello di tutto il viaggio; la discesa dal passo del Pontòn, che da 1200 metri
circa scende per trentaquattro chilometri fino alle Asturie; una strada stretta e bellissima
con curve da seconda/terza (e tanto occhio) che taglia le montagne e costeggia un fiume
impetuoso; tunnel naturali, zampilli d'acqua che attraversano la strada... proprio un gran
divertimento.
Alla fine della discesa, con qualche problemuccio di otite per me, andiamo
alla ricerca di un posto dove piantare la nostra tenda; lo troviamo nei pressi di Cavadongas,
una sorta di cantiere con lavori ma con un panorama sul Picos bellissimo. Ci accampiamo,
tiriamo fuori la dispensa (l'inossidabile zainetto di Ale) e gustiamo la solita cena a base
di salame, formaggio e banane. Poi, dopo le consuete paranoie rumori,ci addormentiamo.
Sveglia alle nove; dov'è finito il Picos de Europa? La nebbia ci avvolge e riusciamo a vedere
solo le bruttezze del cantiere (ruspa arrugginita e simili). Attratti dall'idea dell'oceano
smontiamo velocemente la tenda e, dopo un breve incontro con gli operai del cantiere stupiti di
trovarci lì, teliamo. Facciamo colazione con café y leche e tortillas (leggerini...) ad un prezzo
irrisorio (un Euro e qualcosa a testa) e proseguiamo verso Llanes. È qui che vediamo per la prima
volta la costa oceanica spagnola; bellissima; ci fermiamo in una spiaggia ritagliata tra
le montagne... sembra una di quelle spiagge tropicali... Facciamo due foto e ci godiamo
quello spettacolo... anche quest'anno alla fine del mondo!
Continuiamo verso S. Vicente e
poi andiamo alla ricerca di un bel posticino sull'oceano dove poter mangiare e sdraiarci al sole.
Troviamo una scogliera con una panchina da cui si vede "un gran mondo" (dicesse
il mi' nonno) e ci fermiamo. Dopo un paio d'ore di sole ripartiamo verso Santander,
capoluogo della Cantabria che però ci delude un po'. Ci avventuriamo per strade ignote alla
ricerca di un posto sulla costa dove poter dormire; troviamo un bellissimo pascolo a
Capo Ajo dove facciamo un po' di foto e la spesa (compreso il "cortauñas" e il
"patè sabor suave"). Dopo due giorni di free camping avevamo proprio bisogno di un
bel campeggio dove poter fare una doccia calda e la barba. Ne troviamo uno
carinissimo a picco sull'oceano a Isla. Dopo aver fatto una bella manutenzione
alle catene delle moto e dopo aver riscoperto il piacere di fare la doccia e di
radersi siamo pronti per andare a fare serata al bar del paese; dopo un paio di
birre e qualcos'altro ci siamo trovati alle due di notte a parlare di una
sorta di... antropologia informatica... apposto.
Il risveglio dopo l'uscita serale è abbastanza traumatico... altra doccia. Si riparte; oggi
la meta è il famoso museo Guggenheim di Bilbao. Dopo aver assistito ad un incendio di una
casa a Laredo (poveretti...) entriamo nei Paesi Baschi dove subito chiara appare l'aspirazione
all'indipendenza; i cartelli stradali sono scritti in Castigliano e in Basco e, spesso, le
indicazioni in Castigliano sono cancellate; la lingua basca è farcita di Z T e K e non si
capisce veramente niente! La gente è molto più fredda e dura con i turisti... vabè,
problemi loro.
Arriviamo a Bilbao in mattinata; troviamo subito il museo
dalla futuristica architettura... strano l'impatto con gli altri edifici;
parcheggiamo le moto (con relativa paranoia furto) e dopo una dimostrazione del
nostro status studentesco con esibizione di tessera della mensa da parte di Ale
e della tessera dell'Area 51 (???) da parte mia, entriamo con biglietto
ridotto. Mi scatta subito il nervo vedendo come prima opera esposta
una sorta di traliccio in alluminio, tipo capriata di un capannone e un'altra
opera di dubbio gusto... cavolo, non dico che un'opera d'arte deve essere
oggettivamente bella, ma neanche oggettivamente brutta!!! Poi, di fronte a
Mirò, Matisse, Dalì, Picasso, Modigliani, Kandinskij, mi calmo e rimango
affascinato. Dopo cinque ore di parentesi culturale attraversiamo il
Nervion (fiume che attraversa Bilbao) e andiamo a mangiare su una panchina di
fronte allo spettacolare museo. Dopo una sigaretta e quel famoso ballino di fotografie
risaliamo in sella; direzione S. Sebastian... pardon, Donostia, capoluogo dei
Paesi Baschi. Seguiamo la costa che è proprio bella; ci sono le onde che
sbattono violentemente sugli scogli e arrivano anche sulla strada. Arriviamo verso le otto e
mezzo a S. Sebastian, cittadina molto carina ma con un traffico infernale; la mia
elettroventola dà di matto... è un caldo afoso e inizio a preoccuparmi per la guarnizione
della testata della Pegaso sottoposta a duro lavoro. Ci fermiamo e ceniamo a base di
stuzzichini e tortillas in un localetto carino al centro di Donostia.
Sono circa le dieci e decidiamo di uscire dalla città per trovare il nostro consueto posticino
dove dormire; ci avventuriamo per una stradina che scende un po' a valle e ad un certo punto
troviamo un'area attrezzata (tipo le Crocette) verdissima e attraversata da un fiume; il posto è
veramente invitante per dormire anche se, una volta accampati, notiamo un
casottino con scritte a caratteri cubitali inneggianti all'ETA... speriamo bene...
Sono le sei e vengo svegliato da un rumore; caccio il capo fuori dalla tenda e vedo che la GPZ
si era adagiata sulla mia Pegaso; richiamo l'attenzione di Ale (bel risveglio per un
motociclista...) e corriamo a ispezionare la situazione. Fortunatamente non ci sono danni;
breve occhiata reciproca (del tipo "mica vorrai alzarti???") e rientriamo in tenda.
La seconda uscita dalla tenda è intorno alle dieci; è un paradiso; c'è un bel solicino,
il fiume che gorgheggia e il pratino verde verde. Usufruiamo del fiume per lavarci,
rinsacchiamo la tenda e riprendiamo il viaggio; destinazione Pamplona (Iruña in Basco) che
dista una settantina di chilometri. I paesaggi dei paesi Baschi sono nettamente diversi
dagli altri incontrati; i fondi stradali sono dissestati, ci sono industrie da tutte le
parti, c'è molta più gente e non si vedono più mucche... Arriviamo in città intorno all'una;
pensavo che Pamplona fosse poco più di un paesino... mi sbagliavo; il famoso percorso che i
tori e le persone compiono per S. Fermin non è che una via del centro storico; poi c'è
tutta la parte nuova; facciamo un bel giro turistico; compriamo un po' di cartoline, una
maglietta a testa, un bel pezzo di salame, del pane, facciamo due foto e, mentre ci dirigiamo
verso le moto passiamo davanti ad un bar dove ci accorgiamo che c'è la partita Italia-Messico,
decisiva per il passaggio agli ottavi. Ci sediamo e ordiniamo una caña e un'arançata; è il
classico barretto del dopolavoro; ci sono gli operai che fanno le "obras" nella
strada davanti al bar e tutti tifano per il Messico e, quindi, contro l'Italia;
quando il Messico segna è la derisione totale per noi due, poveri italiani all'estero...
Alla fine del primo tempo usciamo e, depressi per il risultato, andiamo a controllare se le
moto ci sono ancora. Ci sono. Decidiamo di cambiare bar per questioni scaramantiche ma non
ce n'è uno che trasmette quella partita; sappiamo solo che l'Equador vince con la Croazia;
così torniamo nel covo ispanico messicano accolti da una sorta di ola degli operai e dalla
richiesta della barista di una nuova consumazione... tignosi 'sti spagnoli... una caña e una
arançata. Dopo un bel po' di sofferenza ecco arrivare il gol di Del Piero... lo sbrocco è
totale; non riusciamo a darci un contegno e esultiamo come fossimo al bar in piazza;
gli operai non possono far altro che prenderla a ridere... chi l'avrebbe mai detto che in
un prossimo futuro sia noi italiani che loro spagnoli avremmo inveito contro quella mezza
sega nazionale Coreana ladra di merda )\&#/!*§%...°ç!!£(@...
Foto al bar per ricordare il passaggio del turno e, contenti come pasque, ci avviamo verso
le moto per partire alla volta dei Pirenei. Prendiamo la N240, strada panoramica che attraversa
diagonalmente tutto l'arco pireneico e ci dirigiamo verso Jaca; la temperatura
supera i trenta gradi e la mia moto continua a soffrire; da qui in avanti il mio
viaggio sarà accompagnato da un pensiero fisso: la temperatura del motore che
si è alzata di una ventina di gradi... veramente anomalo. Do la colpa un po'
al caldo, un po' ad un tipo di olio che avevo messo prima del viaggio... Incrocio
le dita e continuiamo. In compenso i paesaggi sono fantastici. Ci fermiamo verso Yesa a
fotografare i 30.000 Chilometri della mia belva con un occhio fisso alla temperatura...
non migliora. Continuiamo lungo la bellissima N240 costeggiando l'Embalse
de Yesa fino a Jaca, poi saliamo lungo la N260, verso Biscas e poi attraversiamo un divertente
passo montano che ci porta fino a Broto. Ci fermiamo a mangiare all'Embalse de Mediano e, poi
continuiamo fino a Castejon de Sos per una strada tutte curve proprio gustose.
È giunta l'ora di dormire; siamo, come tutte le sere, devastati ma contenti, appagati e
divertiti dal tragitto giornaliero; non so cosa è che ti spinge a fare cinquecento chilometri
al giorno; forse il gusto dell'impresa, forse un po' di masochismo, forse la curiosità di vedere
nuove cose; forse la passione per la moto. Non so di preciso cosa sia, ma so che
mi piace.
Il posto prescelto stasera è un campettino sopra ad una stalla di mucche... accogliente e
dignitoso. Questa sera siamo costretti addirittura a uscire di tenda per un po' di minuti
perché disturbati da tanti rumori indecifrabili; fumiamo una sigaretta, facciamo quattro
chiacchere sulla giornata motociclistica, sulle cose che ci hanno colpito e poi la stanchezza
prende il sopravvento.
Sveglia programmata alle otto; il tempo incomincia a stringere e i chilometri per tornare a casa sono ancora molti. Partiamo presto. Facciamo colazione nei pressi di Pont de Suert, fra Aragona e Catalogna. La destinazione è Andorra. In un paio d'ore siamo dentro La Vella; costa tutto pochissimo, la benzina, le scarpe, le sigarette ma la città non ci colpisce molto; facciamo un giro nell'afosa cittadina e facciamo un po' di compere; un regalino per la Moni, uno per lo Strigio, un po' di sigarette. Dopo fatta la spesa per la cena e per il giorno dopo riprendiamo il viaggio. C'è un traffico infernale che, unito all'afa, costituisce un pericolo per la guarnizione della testata della mia compagna di viaggio... temo veramente che mi lasci in Spagna; la temperatura sale ancora fino a novantacinque gradi e l'elettroventola non ce la fa a tenerla più bassa. Sono costretto a fermarmi e a far fermare anche Ale che con la sua vecchia ma superaffidabile GPZ non ha il minimo problema. Aspettiamo che la moto si raffreddi e poi proseguiamo; la strada sale tantissimo e tornante dopo tornante arriviamo alla Porte d'Envalira a 2408 metri, punto più alto di tutto il viaggio. Il panorama è bellissimo; le cime sono innevate e l'aria è finissima. Riprendiamo in discesa e, prima di affrontare la cima di Puymorens a 1915 metri che ci riporta in terra francese, ci riforniamo della fresca acqua pireneica. La direzione è ora Perpignan; la strada è molto divertente ma trafficata e, pertanto, faticosa. Intorno alle cinque raggiungiamo la città francese e ripercorriamo in senso inverso il tratto di strada che all'andata avevamo affrontato sotto la pioggia... (bello il sole!). Prendiamo l'autostrada da Narbonne fino a Montpellier per evitare il traffico che si rivela pericolosissimo per la temperatura del mio motore. Sono le nove e guidiamo per un'altra oretta fino a Aigues Mortes, dove decidiamo di fermarci al camping "La petite Camargue". Il rientro in Italia è sempre la parte più faticosa del viaggio, sia perché la tappa è sempre più lunga del previsto, sia perché sappiamo che la vacanza sta finendo... Montiamo per l'ultima volta la tenda e ceniamo al buio in piazzola; dopo il solito scambio di opinioni sulla giornata ci addormentiamo.
Sveglia alle otto anche stamani, in previsione della dura giornata. Ricerca della doccia e dei
bagni, preparazione dei bagagli e in sella. Paghiamo il conto, facciamo colazione (due cappuccini
5 €!!!!) e via. Andiamo come schegge fino a Arles e poi fino a Salon de Provance; da lì la
temperatura esterna inizia a salire e, di conseguenza si aggrava la situazione del mio motore
fino a S. Maximin, dove rischia di esplodere... tribola anche il motore della GPZ di Ale perché
la sua elettroventola non dà segni di vita. Preoccupati e un po' demoralizzati ci fermiamo e
aspettiamo che i motori si freddino. Si preannuncia un difficile rientro.
Stiamo fermi una
mezz'ora, poi imbocchiamo l'autostrada con l'intento di tenere giù le temperature.
Viaggiamo un'oretta ma, nei pressi di Vidauban siamo di nuovo costretti alla sosta. Questa
volta siamo costretti ad aspettare che passino le ore più calde del pomeriggio. Stiamo
quattro ore fermi in un'area di servizio fra un caffè e una sigaretta. Finalmente trovo il
tempo per scrivere le cartoline (che poi però imbucherò a Siena un paio di giorni dopo...).
Intorno alle quattro riprendiamo (sempre con le dita incrociate). Non è che temperatura sia
ottimale ma ci permette di continuare. In breve siamo a Ventimiglia dove salutiamo la nostra
Italia; passiamo Genova e il suo terribile traffico autostradale dove ho l'ultima smaltita
relativa alla temperatura del motore e arriviamo a La Spezia, dove ci fermiamo ad un
autogrill. Prima di cenare ci avviciniamo ad una coppia di mototuristi che
viaggiano su una Aprilia Caponord che avevamo superato in mattinata nei pressi
di Arles. Facciamo conoscenza parlando di viaggi in moto e di caratteristiche
tecniche della Pegaso e della sorella maggiore... gran bella moto... Poi li
salutiamo e ci accingiamo a finire il salamino comprato il giorno prima a La
Vella.
Sono le nove e, in Italia, il sole ci abbandona un'oretta prima che in Spagna; accendiamo le
luci e ci bardiamo per la volata finale. La temperatura del motore sembra ormai stabilizzata sui
settantacinque gradi e, come treni arriviamo all'imbocco della Fi-Pi-Li. Sosta per fare benzina
e per una sigaretta e via, lungo la superstrada fino a Firenze. Sosta a Signa verso mezzanotte;
si viaggia molto bene la notte (a parte qualche deficiente del sabato sera...) e quest'anno non
incontriamo neanche le orde di moscerini trovati l'anno passato.
Stremati da circa quindici ore di viaggio (senza contare i nove giorni passati) imbocchiamo
l'A1 fino ad Arezzo. Ci fermiamo per l'ultima sosta e per scambiare qualche parola e qualche
commento non proprio sensato sulle estetiche e sulle presunte caratteristiche intellettuali
delle moto (tipo: "Musona... mira la mi' moto tonta che è; ti guarda con quel farone...
tonta..."... Mi sa che è il caso di riprendere la via di casa...
Ultimi chilometri fino a Querce al Pino e salita fino a Sarteano... TERRA!
Sono le due; ci salutiamo velocemente, visto che la mattina dopo Ale deve andare ad
"obiettare" e volo a salutare la Moni. Sotto casa sua il contachilometri segna
4500 precisi precisi... gli stessi dell'anno passato ma in soli nove giorni. Chissà quanti
giorni avremo il prossimo anno per vedere il Portogallo???